L'aula magna

Nel 1881, precisamente il 14 gennaio di quell'anno, la Villa ospitò - principe Giovanni Rosso Tornabene - re Umberto e Margherita. "In loro onore - scrive Salvatore Nicolosi (cit. p.122) - si tenne un ricevimento con ballo".

Forse fu in quella occasione - sempre con l'assistenza del Sada - che il vasto ambiente della Villa, che il Vaccarini - probabilmente - aveva destinato a cappella, fu trasformato in salone per le feste attuale aula magna.

In occasione di quel mutamento di destinazione, fu operato (come si è appreso in seguito) nella volta di quell'ambiente un sostanziale cambiamento: l'affresco molto bello che l'adornava, l'Assunzione della Vergine - dovuto, come si ritiene, al pittore Olivio Sozzi - e che ben s'intonava con la destinazione a cappella dell'ambiente, fu coperto da una cappa di gesso che venne affrescata con la riproduzione dell' "Aurora" di Guido Reni (1575-1642), figurazione più appropriata per un luogo di festa .




Particolare molto interessante nella esecuzione delle opere compiute all'interno della Villa, la scoperta dovuta al prof. Bottari, il quale intuì, felicemente, che nella volta del salone era stato operato un rifacimento dell'originario stato artistico di essa. Fece eseguire, quindi, dei sondaggi e, di conseguenza, scoprìche sotto l'affresco, che riproduceva la nota opera del Reni, c'era l'altro, quello più pregevole, attribuito al Sozzi, di cui fino allora si era ingnorata l'esistenza, e che egli fece riportare alla luce e restaurare.




Il 23 aprile 1991, alle ore 12 , la volta, dove circa trecento anni prima era stata affrescata I' "Assunta", crollava nel punto centrale, con grave danno per l'affresco stesso, senza conseguenze,fortunatamente, per le persone (fig. 34).

Poco prima del crollo ero stato in quel luogo, assieme ad altri, con i quali mi ero poi riunito nella sala accanto. Il rumore che avvertimmo fu enorme.

Il pronto intervento della Soprintendenza regionale ai beni culturali di Catania è valso ad impedire il crollo dell'intera opera e a consentire la rimozione della parte superstite del dipinto che, restaurato, con molta attenzione, da Giovanni Galvagno (fig. 35), è stato riattaccato alla volta, ricostruita dall'Università.